“Perché non ci vai?” Queste le parole di mia moglie, quando, durante un bel bagno nelle calde acque sicule, le parlai di uno stage di Wing Chun che si sarebbe svolto di li a qualche mese in quel di Barcellona, in Spagna. Laura (questo il nome di mia moglie) non ne ha mai capito molto di arti marziali, ma mi ha benevolmente “sopportato” fin da quando, allora sedicenni, ci fidanzammo nei banchi di scuola. Io già da allora frequentavo un’arte marziale giapponese da tre anni, e lei capì subito che questa era la mia via, una delle cose che più mi piacevano e una delle cose alla quale difficilmente avrei rinunciato col tempo.
“Perché non ci vai? sarebbe un buon modo per superare la paura dell’aereo.” Ribattè con tono sarcastico. “poi magari potremmo farci anche un viaggio solo noi”.
Questo il preludio a quello che sarebbe stato uno tra gli stage più divertenti che abbia mai vissuto. Di stage di arti marziali ne ho vissuti parecchio, complice la mia pratica (per oltre 26 anni) di un’arte marziale giapponese poco conosciuta ai più, ma che mi ha introdotto nella filosofia e nello spirito che (almeno in teoria) dovrebbe permeare ogni arte marziale: la via della non violenza, dell’autodifesa, ed un modo per migliorare sempre più se stessi ma anche gli altri.
Scoprii il Wing Chun quasi per caso, qui a Messina. In realtà conoscevo bene quest’arte marziale (a differenza dei miei concittadini, che lo scambiano molto spesso ancora oggi, quando ne parlo, per una marca di gomme da masticare) grazie, ovviamente, al contributo ed alla diffusione portata dal simbolo delle arti marziali per eccellenza, il mitico Bruce Lee.
Iniziai a praticare Wing Chun quasi per curiosità: ero affascinato dal combattimento a corta distanza, ma non ne capivo bene i principi alla base: non capivo come un praticante di Wing Chun potesse ribattere colpo su colpo a così corta distanza, come allenasse quei riflessi (che fino a quel punto avevo solo visto nei video su YouTube) quasi magici, soprattutto per me, che ero stato abituato per anni a spostarmi dall’attacco, parare e contrattaccare.
E devo dire che dopo circa due anni di pratica, considero il Wing Chun un’arte che ogni studente di ingegneria e di fisica dovrebbe quanto meno provare, proprio perché è la perfetta sintesi di quel principio di azione e reazione che per anni ho studiato all’università, e sul quale ho acquisito e sviluppato le mie conoscenze che mi hanno portato a laurearmi proprio in ingegneria. Un’arte marziale ragionata, con economia di movimenti, pratica, senza troppi fronzoli: questo è quello che ho imparato a studiare (e che oggi continuo con piacere a studiare) sotto la ferma guida del mio Si-Fu, Roberto Pasqualino. Ed è un’arte marziale che è compatibile (almeno nell’associazione, la IWTSA, nella quale sono entrato) con la mia visione delle arti marziali: autodifesa, non sfoggio delle proprie capacità a discapito dei più deboli, ma un continuo volersi perfezionare, e voler dare il proprio contributo imparando dagli altri e facendo imparare anche gli altri, nostri “fratelli” come si definiscono i praticanti di Wing Chun.
Pensai quindi che sarebbe stata un’ottima occasione il poter partire per lo stage a Barcellona: 4 scali in 3 giorni, il rimedio perfetto per la mia paura del volo.
Arrivammo a Barcellona di pomeriggio, ed aspettammo l’arrivo di un altro insegnante della IWTSA, Sifu Salvatore La Licata. Prendemmo un piccolo appartamento (io, il mio Si-Fu , SiFu La Licata, ma anche altri amici con i quali decidemmo di intraprendere il viaggio per questo stage) vicino la Sagrada Famiglia (un esempio di ottimo esercizio di stile architettonico e strutturale che per me, ingegnere civile, capitava proprio a fagiolo in questa piccola avventura). Il venerdì Mattina fu dedicato al classico girovagare per una città che non avevo mai visto. Barcellona, una città per molti aspetti affascinante, con una varietà architettonica davvero notevole che spaziava dal moderno al classico a distanza di poche decine di metri. Durante questo lasso di tempo, il mio Si-Fu ed altri si dedicarono all’allenamento, che fu svolto da Si-Gung Tam Yiu Ming, presidente onorario della IWTSA, nonché SiFu del mio Si-Fu (ufficialmente diventato tale nello scorso campus tenutosi a Milazzo con una cerimonia del te molto particolare, detta Bai Si Lai), una figura davvero carismatica, e che conobbi proprio in occasione del campus di cui prima. Quando lo salutai per la prima volta e ci parlai, trovai di fronte una persona umile, un profondo conoscitore della disciplina, che al contempo porgeva i suoi insegnamenti senza sottrarsi al confronto, alla discussione, all’analisi dei principi. Il venerdì pomeriggio toccò a me. mi allenai nella palestra di SiFu Arthur, un insegnante del loco con il quale feci subito amicizia, causa anche la passione comune (oltre che per il Wing Chun), del gioco di ruolo. Fu un allenamento intenso, sempre sotto la ferma guida di Si-Gung Tam Yiu Ming, e devo dire di essere rimasto molto soddisfatto: Ho sudato molto, e molto di me ho avuto modo di porgere ai ragazzi catalani con i quali mi sono allenato: un allenamento duro, ma nel contempo rispettoso degli altri: insomma, un allenamento come mi è sempre piaciuto, nel pieno rispetto di chi mi sta accanto.
Tre giorni molto intensi, tre giorni di viaggio, tre giorni che mi hanno permesso di aggiungere un tassello alla mia piccola conoscenza del Wing Chun, ma soprattutto tre giorni passati in compagnia di amici, all’insegna del divertimento e dello studio e durante i quali ho capito sempre più come la IWTSA sia una associazione più particolare delle altre, composta da amici che si danno una mano a vicenda con l’unico scopo di migliorarsi sempre più e che non vedono nel prossimo uno sfidante da battere, bensì qualcuno con cui confrontarsi per perfezionare sempre lo stile e l’efficacia della disciplina.
E pronta ovviamente fu la mia risposta, allorquando tornando a casa, mia moglie mi chiese subito se mi fosse cessata la paura dell’aereo.
“Cessata la paura? Purtroppo no, ma lo stage lo rifarei di nuovo”.
Tindaro Battaglia